Negli ultimi anni, la cessione del credito per la ristrutturazione edilizia ha rappresentato una vera rivoluzione nelle strategie di pagamento dei lavori e nell’accessibilità agli incentivi fiscali in Italia. Tuttavia, cambiare regole e una serie di decreti hanno reso, nel 2024 e 2025, il panorama profondamente diverso rispetto al passato. Molti cittadini e imprese si trovano oggi in una situazione di incertezza, bloccando la possibilità di utilizzare il credito maturato oppure addirittura rischiando di perderlo. Ma quali sono i problemi concreti che oggi stanno vivendo i proprietari di immobili e le imprese? Che cosa è realmente cambiato?
Le nuove regole: cosa è successo dopo il Decreto Blocca Cessioni
Il primo drastico cambiamento è arrivato con il Decreto Blocca Cessioni n.11/2023. Da allora, la possibilità di cedere il credito d’imposta o di ottenere lo sconto in fattura è stata drasticamente ridotta, soprattutto per i lavori avviati dopo il 17 febbraio 2023. Una stretta definitiva è stata poi introdotta dal successivo DL n.39/2024, convertito in legge, che ha fissato come data spartiacque il 30 marzo 2024. Questo significa che tutte le spese per lavori effettuati dopo tale termine non possono più generare credito cedibile, nemmeno nei casi precedentemente agevolati come bonus barriere architettoniche, interventi negli IACP, cooperative di abitazione o ONLUS, salvo rare eccezioni.
Per i lavori precedenti a questa data, restano valide alcune regole, ma solo a patto che le procedure e comunicazioni siano state completate entro i termini previsti. In particolare, la possibilità della cosiddetta remissione in bonis per sanare eventuali errori è scaduta il 4 aprile 2024. Da quel momento, la cessione non è più un’opzione percorribile nella maggior parte dei casi.
I principali problemi: crediti incagliati e incertezza normativa
Il panorama attuale è dominato da un tema centrale: i crediti incagliati. Secondo i dati citati dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), ci sono circa 30 miliardi di euro di bonus fiscali che sono rimasti bloccati nel sistema bancario e fiscale italiano. Questo si traduce in una situazione nella quale tantissimi contribuenti che avevano programmato lavori e imprese che hanno anticipato importi rilevanti si trovano oggi nell’impossibilità di monetizzare o utilizzare i crediti maturati per i lavori già eseguiti.
I principali motivi di questa impasse sono:
- Impossibilità di cedere il credito per tutte le spese e i lavori avviati dopo le date fissate dai decreti: per molti cittadini, ciò ha significato dover rinunciare a piani di ristrutturazione già iniziati.
- Capacità limitata delle banche di accettare nuovi crediti: dopo la prima fase di apertura, gli istituti bancari si sono trovati con enormi volumi di crediti che non possono essere bilanciati dalle proprie esigenze fiscali, saturando di fatto il canale.
- Continui cambi normativi che hanno creato molta confusione tra i contribuenti, i professionisti e gli istituti finanziari, spesso costringendo a fermare cantieri e a rivedere le modalità di pagamento.
- Responsabilità solidale e controlli fiscali severi sugli acquirenti dei crediti, che hanno reso molte banche e intermediari ancora più prudenti e restrittivi.
Il risultato è che molte imprese edili hanno subito lo stop improvviso dei lavori già avviati, non potendo più contare sulla liquidità proveniente dalla cessione dei crediti. Inoltre, chi non è riuscito a cedere i crediti relativi al Superbonus 110% per lavori effettuati nel 2022 entro il termine del 30 novembre 2023, rischia di perderli totalmente oppure è costretto a portarli in detrazione in 10 quote annuali nella dichiarazione dei redditi, allungando enormemente i tempi di recupero.
Casi controversi e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Negli ultimi mesi, diversi interpelli all’Agenzia delle Entrate hanno cercato di chiarire questioni particolarmente controverse. Uno dei temi ricorrenti riguarda quali costi possono effettivamente “salvare” la cessione del credito. Un esempio riguarda la tassa di occupazione del suolo pubblico: il semplice pagamento di questa tassa entro il 30 marzo 2024, come chiarito dal Fisco, non permette di considerare come “lavoro effettuato” e quindi non consente la cessione del credito.
Lo stesso vale per le spese tecniche e di progettazione: anche se pagate prima della data limite, non sono considerate come materiali esecuzioni di lavori e quindi non permettono il mantenimento del diritto alla cessione o allo sconto in fattura. La deroga, infatti, è valida solo per costi effettivamente riconducibili alla esecuzione materiale degli interventi edilizi agevolati.
Quindi, solo chi ha sostenuto costi direttamente legati ai lavori (ad esempio, materiali acquistati o manodopera pagata) entro la data di blocco, può ancora beneficiare degli schemi precedenti di cessione del credito, sempre che siano stati rispettati i requisiti dei vari decreti.
Situazioni residue e possibili vie d’uscita
Nonostante il blocco generalizzato, ci sono ancora alcuni rari casi in cui la cessione del credito o lo sconto in fattura sono consentiti, per esempio:
- Specifiche eccezioni per sismabonus e lavori per eliminare le barriere architettoniche già iniziati secondo le vecchie regole e comunicati nei termini previsti.
- Cooperative di abitazione, IACP, ONLUS che abbiano rispettato i termini prescritti dai decreti precedenti.
Per la stragrande maggioranza dei lavori, però, le opzioni restano limitate a:
- Usare la detrazione fiscale diretta in dichiarazione dei redditi, cioè recuperare il credito in un periodo di diversi anni (di solito 5 o 10, a seconda della tipologia di bonus), senza possibilità di cederlo a banche o altri intermediari.
- Attendere eventuali modifiche legislative future che potrebbero riaprire, almeno parzialmente, i canali di cessione o permettere lo svincolo dei crediti incagliati.
La situazione attuale penalizza in particolare chi non ha una capienza fiscale sufficiente, ossia non può fruire appieno delle detrazioni sul proprio reddito, e chi, avendo già maturato il credito, non ha trovato nessun acquirente disponibile prima del blocco definitivo.
Soluzioni proposte e dibattito politico
Il tema è ancora al centro del dibattito politico, soprattutto considerando l’impatto sull’intero settore dell’edilizia in Italia e sui cittadini che avevano fatto affidamento su una normativa che si è trasformata più volte in brevissimo tempo. Si parla di possibili nuove misure per sbloccare i crediti incagliati o per offrire incentivi alle banche che accettano nuovi crediti, ma ogni proposta si scontra con i vincoli di bilancio pubblico e la necessità di evitare nuovi “buchi” finanziari.
Intanto, i contribuenti sono costretti a navigare tra regole sempre più complesse, mentre le imprese rischiano la sopravvivenza a causa della mancanza di liquidità e programmazione. Come spesso accade in Italia nel settore fiscale, solo futuri aggiornamenti normativi e nuovi chiarimenti potranno dare soluzioni strutturali ad una questione che oggi resta irrisolta.
In conclusione, la cessione del credito per ristrutturazioni in Italia continua a essere fonte di grandi incertezze e problemi pratici: la normativa si è chiusa bruscamente, lasciando una grande quantità di crediti bloccati e molti contribuenti senza risposte chiare. Solo una futura stabilità normativa e una vera riforma strutturale potranno riportare fiducia e chiarezza nel settore degli incentivi per la riqualificazione edilizia. Per approfondire i dettagli tecnici e storici della Superbonus e le sue evoluzioni, il panorama resta in evoluzione e da monitorare con attenzione.